Il carro di carnevale stava attraversando il centro del paese quando la testa di Arlecchino prese fuoco.
Per alcuni secondi rimasi a guardare le fiamme pensando che fosse un effetto studiato dai mastri artigiani per movimentare un po’ la sfilata. Poi, decine di Colombine iniziarono a buttarsi giù dal carro urlando; fu in quel momento che la folla impazzì. Il bastone di Arlecchino abbrustolito cadde tra un gruppo di signore vestite da coccinelle che fino a pochi minuti prima stavano volteggiando in un trenino. Il carro degli eroi Marvel che si trovava appena dietro, fu disertato in pochi minuti. Per una volta Capitan America e Thor lasciarono il mondo al suo destino.

La musica assordante continuava a pulsare dalle casse nonostante l’incendio e nella confusione mi allontanai avvolta nel mio costume da Spongebob temendo di fare la stessa fine di Arlecchino. Ero un enorme innesco con le gambe, un rettangolo giallo di gommapiuma che si spostava lentamente guardando verso una sola direzione. Trovai riparo accanto la colonna di un portico e mi afflosciai sul travertino dopo i 20 metri più faticosi della mia vita. Guardai il carro. La vernice liquefatta dal fuoco colava dalla bocca di Arlecchino che diventava sempre più grande e si contorceva in un sorriso orribile. Il sentimento di oppressione dettato da una situazione fuori controllo lasciò il posto alla danza ipnotica delle fiamme. Poi il volto si spezzò a metà e parte della testa cadde sull’asfalto accendendo una distesa di coriandoli. Il vento freddo sollevava le braci e vortici di carta luccicante e quando anche le casse divennero mute scoprì che i pochi spettatori rimasti, come me restavano in silenzio. Il Carnevale aveva preso vita nel fuoco e si era beffato di tutti noi.