Al prof Umberto P.
Cosa sono per me i classici? Tanto per cominciare ricordi ed oggi vorrei parlare di quelli legati ad Edgar Allan Poe che conobbi…al liceo. Quando la prima cosa che risveglia i tuoi sensi al mattino è un libro, dopo un po’ ti sembra di conoscere anche chi lo ha scritto. E con il signor Poe è stato così. La nostra giornata iniziava intorno alle 7 su un affollatissimo bus pieno zeppo di studenti che dal paese raggiungeva il capoluogo. Non c’erano smartphone ma solo walkman e qualche primordiale lettore cd. Avete mai letto ascoltando musica? Io sì, in quel periodo soprattutto un album, Wish dei Cure.
Quarta fila, primo banco, questo il luogo del nostro insolito incontro, in una insolita classe. Al termine di una lezione di Italiano, mentre la pioggia cadeva a dirotto ed ero ben consapevole che avrei perso il primo autobus utile, decisi insieme ad un pugno di compagni di classe di non sfidare la tempesta ed attendere, per gentile concessione del prof di Italiano, che la pioggia si attenuasse. Eravamo i meno spavaldi, quelli che proprio non ci tenevano a provare l’ebbrezza della pioggia in quel momento ma allo stesso tempo cresceva in noi anche una particolarissima sensazione a trattenerci lì. Chiamiamoli sensi di nerd. E quando il prof di Italiano entrò di nuovo in classe la conferma arrivò. “Ragazzi pensavo una cosa. Vi piacerebbe una specie di corso alternativo?”. Furono queste più o meno le parole con cui esordì il prof. Umberto P. che in quel momento aprì sotto di noi il buco del bianconiglio dando il via ad una caduta inesorabile verso il mondo della storie. L’idea era questa, leggere dei libri in base a generi letterari precisi che non fossero inseriti nel programma scolastico con l’impegno di incontrarci dopo le lezioni stessa ora, stessa classe a letture ultimate. Ma il libro non era lo stesso per tutti perché il compito di ciascuno di noi era quello di raccontare senza ovviamente svelare finale e parti salienti, la trama agli altri e quello che ci aveva colpito, insomma le nostre sensazioni. Un club più o meno segreto di scrittura all’interno di una scuola, una cosa da film.
E fu così che conobbi Edgar Allan Poe, attraverso un libro di racconti del prof Umberto P. che ovviamente forniva tutto l’occorrente a noi piccoli piranha felici di vivere nella nostra bolla d’acqua affamati di libri in una provincia che offriva davvero poco. Le sue esche fatte di letteratura noir, poeti maledetti (una volta bevemmo anche il Pernod) grandi classici russi, e storie on the road partendo da Jack Kerouac alimentarono per anni le nostre emozioni e per quanto riguarda me furono un rifugio sicuro anche quando fuori dai libri e lontano da affollati bus, iniziavo a crescere ed a fronteggiare situazioni di sofferenza. Ma i libri non insegnano anche questo? A sopravvivere da naufraghi alla propria vita? Per me sì.
Avrei potuto parlare dei racconti di Edgar Allan Poe facendo una recensione, l’ennesima tra le molte per celebrare la mente di uno scrittore che come ha scritto H.P. Lovecraft “ha fatto qualcosa che a nessuno era mai riuscito o sarebbe potuto riuscire. A lui dobbiamo il moderno racconto dell’orrore nella sua ultima perfetta espressione”. Ma ho preferito farlo attraverso una storia. Ed è quindi necessario passare il testimone e cioè svelare i titoli dei racconti che il prof Umberto P. consegnò a me e da cui è iniziata la mia lettura di Poe. In ordine abbiamo…Una discesa nel Maelström, Il cuore rivelatore, Il pozzo e il pendolo, Il gatto nero e Il faro. Sono passati molti anni.
Ma poi il cerchio si chiude e i ricordi tornano. Si chiude quando passando davanti una libreria vedo un’edizione che raccoglie tutti i racconti di Poe che ai tempi del liceo mi sarei sognata. Parlo di “Obscura” di Mondadori. Mi è piaciuta molto la cura per realizzare un libro davvero “oscuro” sicuramente una strategia editoriale riuscita che però mi ha fatto guardare indietro, alla ragazzina che per la prima volta leggeva Poe e che avrebbe apprezzato un libro simile. Oscuro dicevo, in parte illustrato e con una sezione bibliografica dedicata anche al cinema ispirato all’opera di Poe. Mi piace pensare ad una cornice ben fatta per entrare in quei racconti, per entrare nella paura, nel delirio, nella dimensione onirica di quelle storie. Una cornice oscura quasi una porta che magari conduca ad una umida strada buia, dove incontrare in una fredda notte invernale…il signor Edgar Allan Poe.