di Iunia Valeria Saggese
Punteruolo è un paese a punta di freccia, con i tetti a punta di freccia e le chiome degli alberi a punta di freccia, e i cespugli e i cancelli e i muri e qualsiasi altra cosa alla quale sia possibile dare forma. Le signore portano acconciature a punta di freccia e gli uomini baffi e barbe dello stesso tipo. Agli abitanti piace così.
In questo strano posto si narra una leggenda.
Nelle prime notti di gennaio una figura scura scura si aggira sopra i tetti e le chiome del paese. Non salta e non cammina, pare che voli su una scopa con un mantello nero. Ma non è la Befana, magari fosse lei!
Adulti e bambini sono assai in ansia nell’attesa, perché questa creatura, che nessuno è in grado di descrivere, porta con sé qualcosa per qualcuno, ma chi riceve la sua visita non è autorizzato a diffonderne i particolari, può solo confermare che la creatura esiste e fa quello che fa.
Nessuno l’ha mai vista in volto, nessuno sa dire se sia un animale, uno spirito o un demonio, e così ognuno crede a ciò che vuole. C’è chi dice che sia un uccello, con il becco certamente a punta di freccia; chi preferisce pensare che sia proprio la Befana, perché a Punteruolo non esiste la festa del 6 gennaio perciò questa per molti è la Befana.
In ogni caso, per tutti questa creatura è l’angelo dei morti… scusate, mi tremano le mani mentre vi scrivo ma il fatto è che l’ho vista con i miei occhi, e sono ancora scioccata e intontita. È accaduto proprio a me, quest’anno!
Le cose sono andate così: trovandomi a Punteruolo per scrivere un articolo su questa bella storia, sono andata un po’ in giro a raccogliere testimonianze e racconti. Un anziano mi ha raccontato che a lui è capitato quando era solo un bambino: la creatura è entrata nella sua stanza, tutta nera, e da sotto al suo mantello è venuto fuori qualcuno che conosceva molto bene, l’amata mamma, che aveva perso solo pochi mesi prima.
L’anziano, piangendo, mi ha detto che ha avuto solo il tempo di una carezza, poi la creatura ha battuto due colpi per terra e la mamma ha iniziato a indietreggiare fino a scomparire di nuovo nel buio del mantello.
“Il tempo di una carezza?” ho detto io.
“Sì” ha risposto lui, con la lunga barba a punta di freccia “una carezza che ha fermato il tempo e durante quei secondi, minuti, ore, chi può dirlo, ho sentito la voce di mia madre…”
“E cosa le ha detto?” ho replicato.
“Questo è personale” ha sentenziato l’anziano, aggiungendo sottovoce “la creatura non permette che parliamo, non posso dire altro”.
“E qualcuno ha mai detto di più? E cosa gli è capitato?” sono stata al gioco io.
“E chi lo sa dove va a finire lo sfortunato…” mi ha guardato di sbieco lui, “il fatto è che chi parla troppo scompare, puff, e nessuno ne sa più niente”.
Qualche altro scambio di battute ed è finita lì.
Più tardi sono andata a dormire nell’unico albergo presente in paese, che ha ovviamente un tetto e un ingresso a punta di freccia. Allora ho chiesto alla reception come mai fossero tutti affezionati a questa forma.
“È per indicare la strada alla creatura” mi hanno risposto con un gran sorriso.
E così sono salita in camera pensando che fosse davvero una bella trovata e che tutti fossero molto bravi a cavalcare l’onda. Ma di turisti qua non ne arrivano quasi mai tant’è che, come vi ho detto, il mio è l’unico albergo. A che pro, dunque, questa invenzione?
Stranezze, mi sono detta, dopotutto ne è pieno il mondo.
Poi è scesa la notte e io… scusate, di nuovo mi tremano le mani… l’ho visto, ho visto mio padre… è uscito da sotto al mantello e… il resto è personale, capirete.
Il punto è che questa creatura esiste e fa quello che fa.
Oggi ne sono testimone.