Or qui subito vi dico che vi accompagno per un poco, finché v’è uso di far festa, perché poi nulla resta di Natale e Epifania, né Spiriti né parole. Tutt’altri racconti verranno per la prole!
Tuttavia, io vi avverto, qualche segno si documenta in chi porge l’attenzione alle piccole cose e all’amore.
Buona fortuna, dunque, a te che leggi… fuggano miserie e noia, si sciolgano i sortilegi!
Sette in più o sette in meno?
di Iunia Valeria Saggese
In un paese né di mare né di montagna, né di collina né di campagna, dove non fa né freddo né caldo, vivono tre antiche creature, una nel lago, una nel bosco, l’altra appare solo nel vento.
Gli abitanti lo sanno e sono pronti a giurare che la creatura del lago sia femmina, ma non sanno dire di quella del bosco e del vento.
“La voce dell’acqua”, così chiamano la femmina, emette melodie che sembrano lamenti d’amore dai toni più o meno rassicuranti a seconda delle stagioni.
Nel bosco, invece, quando capita di andare, è impossibile non imbattersi negli escrementi del suo misterioso abitante, che sono enormi e sparsi ovunque. È inevitabile che ci si sporchi le scarpe e così la gente, per rassegnazione, ha preso a dire che porti fortuna.
Infine, la creatura del vento è di gran lunga la più misteriosa di tutte. Alle volte appare come una fenice, altre volte somiglia a un drago. Ad ogni modo non emette versi né odori né gli appartengono altri segni propri di qualsiasi essere vivente di questo pianeta.
Queste creature sono molto diverse tra loro ma qualcosa le accomuna: la notte di Natale festeggiano il Bambino Gesù.
“La voce dell’acqua” canta infatti una ninna nanna mentre nel bosco, al calar del sole, crescono ovunque piante d’incenso e mirra, che emanano un odore intenso, e in cielo le stelle si tingono d’oro, come tante pietruzze incastonate nel grembo nero dell’universo.
Gli abitanti del paese ci sono abituati. Per loro è normale. I nonni raccontano che è sempre stato così, e i nonni dei nonni raccontavano la stessa cosa.
Nessuno sa quando tutto ebbe inizio e nessuno si chiede quanti anni abbiano le creature; se siano immortali o divine, o spiriti dei defunti che prendono queste strane forme, come se ognuna delle tre contenesse una somma di anime appartenute al paese.
I bambini restano a bocca aperta, ad odorare l’aria che sa di incenso e mirra, con gli occhi all’insù a guardare stelle che non esistono, con le orecchie rosse per il calore della ninna nanna.
Ogni volta che si ripete il miracolo di Natale, tuttavia, succede anche dell’altro. Gli adulti e i bambini esprimono desideri e quando questi desideri coincidono, il paese riceve la benedizione di sette nascite nell’anno che verrà, viceversa sette persone mancheranno.
E così è successo, nel tempo, che adulti e bambini hanno imparato a mettere in equilibrio sentimenti e speranze, in modo da dare un futuro al loro paese.
A dirla tutta, in questo posto, a parlar con gli uni sembra di parlar con gli altri. Insomma è davvero il paese più strano in cui mi sia mai trovata a Natale.
Ora, scusate, devo esprimere il mio desiderio. Ed è chiaro che si tratta di una grande responsabilità…