di Iunia Valeria Saggese


Nel mezzo del cammin della mia vita mi ritrovai seduta a tavola di fronte ad una sedia vuota. Eppure qualcuno mi guardava.
“Chi sei?”
“Sono te”.
“Me?”
“Sì, te”.
“E cosa vuoi?”
“Cosa vuoi te? Sei tu che mi hai chiamato”.
“Non mi pare affatto”.
“Oh sì, carina, ti sei chiesta se dentro sei come fuori… ed eccomi qua”.
“Sono stupefatta! Lasciati… parla, parla, lasciati ascoltare”.
“Cosa devo dire?”
“Quello che vuoi, suppongo”.
“Bene, comincerò col dire che questa epidemia magari lascerà pure qualcosa di buono, perché vedi…”
“Sì lo so come la pensi!”
“Insomma parlo o vado via?”
“No scusa, resta”.
“Bene, dicevo che il vecchio mondo non ti mancherà, non ti sentivi sola?”
“Sola in senso biblico?”
“Certo, nel senso in cui noi che lo diciamo intendiamo”.
“Oh sì, sola…”.
“Ti ho sentito sai! Quello che hai pensato dopo la parola sola”.
“E quindi?”
“Magari è come dici tu: meno retorica, meno retorica, meno retorica!”.
“A un sacco di gente piace, a quanto pare”.
“Un sacco di gente è come un sacco di patate, l’una si aggiusta accanto all’altra in base al movimento che dai tu al sacco”.
“C’è altro?”
“C’è molto altro, ma credo che tu lo sappia”.
“Allora che si fa?”
“Lasciami pensare… potremmo scrivere!”
“Va bene, suggerimenti?”
“Ti ricordi che quando eri bambina raccontavi le favole agli alberi?”
“Accidenti se me lo ricordo”.
“Perché non scrivi quello che ti rispondevano!”
“Dici? Non è da pazzi?”
“Certo che lo è, è proprio per questo che saprai scriverlo”.
“Vuole essere un complimento?”
“Lo è”.
“Sai, a proposito di senso biblico, stavo pensando che questa quarantena non durerà quaranta giorni, e se durasse quaranta mesi o quaranta anni?”
“Ma che c’entra questo con gli alberi?”
“Non lo so, magari c’entra coi pazzi… C’è un’altra cosa, devo parlatene: ieri mi sono messa sul divano e avevo quel fastidio alle gambe, quella pesantezza intorno alle ginocchia che sembra di avere qualcuno appeso ai muscoli tra coscia e polpaccio che tira verso il basso, ma come lo spieghi? Non si vede, non si capisce, nessuno ti capisce… come quando da bambina non sapevo mai cosa chiedere a Babbo Natale; come quando non mi andava di stare con gli altri; come adesso che scrivo, insomma faccio solo quello che mi viene naturale ed è una di quelle cose che non puoi farci niente”.
“Già, ecco che intendevo quando dicevo che ti sentivi sola. Adesso va meglio? Dai, scrivi degli alberi”.
“Ok, un’ultima cosa: ho fatto la doccia pensando alla politica e ho avuto un’idea su come far funzionare le cose. Ci sei?”
“Spara”.
“La dittatura del giusto… che poi è un ossimoro, anche se non bisogna farsi ingannare dal nome che viene dato alle cose, le vere dittature hanno sempre nomi rassicuranti. Insomma, il governo di un giusto che, in quanto tale, prende tutte le decisioni giuste. Chi si opporrebbe? Solo i corrotti e i furfanti, così verrebbero allo scoperto e potremmo individuarli senza indugio”.
“Questa idea è più folle delle altre, lo sai?”.
“Però a te posso dirlo”.
“Sì, a me puoi dirlo”.
“Me ne concedi un’altra? Che fai resti in silenzio? Lo prendo come un sì… I cartoni animati: c’è un abisso tra i cartoni dei miei tempi e quelli di oggi. Voglio dire che una volta i cattivi avevano dei connotati precisi e facevano paura; oggi sono simpatici, magari imbranati, comunque non fanno paura. È come dire che i cattivi non esistono, è educativo mi chiedo? Se c’è una cosa fondamentale al mondo per crescere con una sana coscienza individuale e sociale, è la capacità di saper distinguere il bene dal male, e questo non lo insegnano più neanche i cartoni. È allarmante, niente bianco o nero, tutto è grigio per colpa di questa tragica abitudine alla giustificazione delle cose ingiustificabili, pensano che sia carità e invece è solo un’idiozia. Essere caritatevoli non vuol dire non darsi delle regole”.
“Anche la carità è rigorosa”.
“Confusione e smarrimento: ecco cosa ha prodotto questa idiozia della giustificazione/assoluzione a tutti i costi. Ed è un virus che ha attaccato piano, come una dispersione di gas in casa che ti ammazza senza che tu te ne accorga, ha attaccato prima qualche mente idiota, che l’ha trasmessa ad altri, scettici ma consenzienti, e in un attimo sono stati riscritti i libri di psicologia, pedagogia e diritto”.
“Sembri me”.
“Guarda, finiamola qui ma il discorso sarebbe lungo, molto lungo”.
“Va bene, che si fa? Aspettiamo la morte tra un virus e l’altro?”.
“Ecco ecco, ora scrivo degli alberi… che brutto carattere!”.


(dalla rubrica La quarantena del rospo)