Cosa c’è di più distante dal Polo? Non è soltanto un problema geografico. Del grande Nord non si parla mai. O molto poco. Se escludiamo le tante fiabe di Natale su Santa Claus e il suo lungo viaggio per portare i doni ai bambini e l’allarme che a più riprese viene lanciato per gli effetti prodotti dal riscaldamento globale, quella terra sembra quasi non esistere. Un mondo alla fine del mondo, misterioso e affascinante, ma all’apparenza estraneo al destino dei più. Ignorato. Eppure è proprio in quelle terre remote e desolate, dove sopravvivere è quasi una quotidiana conquista, che si sta giocando una delle partite più importanti per il futuro del pianeta. Economica soprattutto. Tanto ricca da essere considerata la possibile principale causa di temibili conflitti.

Tra i ghiacci il disastro causato proprio dal riscaldamento globale sta aprendo nuove opportunità di business e come nei secoli scorsi è accaduto nei Paesi in via di sviluppo ci sono le grandi potenze che non vogliono rinunciare a facili possibilità di guadagno. Poco importa poi se alcune operazioni assesteranno un colpo definitivo ai già precari equilibri del pianeta. Ma ci sono anche le popolazioni locali che da una parte cercano di resistere a quella che sembra tanto una calata di nuovi barbari e dall’altro stanno soffrendo pene indicibili a causa dell’occidentalizzazione. Storie, inquietanti ipotesi, manovre di governi e organizzazioni internazionali.

Un mondo da scoprire, su cui acquisire consapevolezza è fondamentale e che ancora una volta viene svelato da un notevole lavoro giornalistico compiuto da Marzio Mian e raccolto nel libro “Artico. La battaglia per il grande nord”.

In 224 pagine edite da Neri Pozza a parlare sono i protagonisti della lotta iniziata in mezzo allo scioglimento di quelle che erano le nevi perenni. Un libro che apre lo scrigno della conoscenza sul Nord e offre delle fondamentali chiavi di lettura. Mian, un giornalista che insieme ad altri suoi colleghi internazionali ha anche fondato la società no profit The Arctic Times Project e già autore di inchieste e reportage in 56 Paesi, è andato alla fine del mondo, ha visto, ascoltato i diversi punti di vista, indagato e poi raccontato a tutti noi cosa accade in quel mondo a lungo ignorato e ora così centrale per tutti. Un giornalista che ha fatto il vero lavoro del giornalista. Sempre più difficile e allo stesso tempo sempre più prezioso.

(scritto dal nostro blogger Hagrid)